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20 lug 2025

Dietro all’overtourism

di Luciano Caveri

Credo che tutti noi abbiamo la percezione di cosa possa essere l’overtourism, specie se si adopera il piu comprensibile italiano con ”sovraffollamento turistico”.

Che sia il pigia pigia nei quartieri spagnoli di Napoli, lungo le calli di Venezia, sulle spiagge di San Vito Lo Capo e l’elenco potrebbe proseguire con località estere gettonate o persino nello struscio di località alpine di grido in certi periodi festivi.

Facile segnalare le conseguenze. Si può cominciare dai rischi di degrado ambientale con fenomeni che spaziano dal deterioramento dei luoghi ai danni agli ecosistemi. Possono andare in tilt i trasporti, altri servizi pubblici come la sanità e i sistemi di smaltimento dei rifiuti, quando vanno sotto pressione.

Fonte di protesta degli abitanti possono essere i prezzi degli affitti o persino la mancanza di case e e in generale un eccesso di presenze può rendere la vita quotidiana più difficile per chi vive nella zona con attività locali che vengono sostituite da negozi e servizi orientati esclusivamente al turismo.

Certo malcontento delle popolazioni locali può sfociare nella considerazione che il turismo eccessivo sfoci in una minaccia alla loro qualità della vita e persino ad un depauperamento degli aspetti culturali che connotano una comunità.

Leggo con curiosità degli indicatori utilizzati da Demoskopika per generare il secondo Indice Complessivo di Sovraffollamento Turistico (ICST): densità turistica, densità ricettiva, intensità turistica, utilizzazione lorda e quota di rifiuti urbani attribuibili al settore turistico.

I ricercatori di Demoskopika dicono in un loro comunicato dinsoiegazione: “Crescono i flussi turistici e, con essi, aumenta anche il rischio di ingestibilità del sovraffollamento. Un fenomeno che, se non gestito con attenzione, può mettere in difficoltà risorse, servizi e comunità locali”.

Rimini, Venezia e Bolzano si confermano, per il secondo anno consecutivo, sul podio delle destinazioni più esposte all’overtourism e leggo di grandi discussioni sui giornali sudtirolesi per questo livello di sovraffollamento turistico classificato come “Molto Alto”.

Dice il rapporto: “Nel livello “Alto” dell’indice si collocano anche i sistemi turistici provinciali di Aosta, Firenze e Siena, dove la pressione turistica resta marcata, con impatti significativi sulle risorse locali. Pur non raggiungendo la soglia di massima criticità, questi territori mostrano segnali di tensione che richiedono interventi mirati di regolazione dei flussi”.

Il tema è certamente da esaminare e non mi pare che ad Aosta sia logico parlare di overtourism, se non si ha che fare con punte parossistiche ma eccezionali, come la Fiera di Sant’Orso.

Così come, uscendo dalla città, certe situazioni di ingorgo possono accadere per i rientri autostradali in inverno, che poi sono speculari rispetto a certe cose agli impianti in periodo di punta.

In generale, però, abbiamo spazi che lasciano ampia libertà di movimento in località meno frequentate. E ci sono le celebri stagioni di mezzo che non hanno mai avuto problemi di chissà quale forma di saturazione.

Distribuire di più i turisti sul territorio e destagionalizzare sono vecchie questioni sempre utili come azioni da svolgere e vedo dei passi in avanti.

La calca non piace a nessuno e bisogna evitare come la peste la perdita di autenticità nei luoghi a causa di eccessi del turismo di massa.

Marc Augé, antropologo francese, ha a questo proposito coniato il concetto di "nonluogo" per descrivere gli spazi senza più anima, caratterizzati dall'anonimato, dalla transitorietà e dalla mancanza di identità, relazioni e storia.

Molti dei luoghi toccati dall'overtourism rischiano di diventare "nonluoghi”.