So che sembrerà strano, ma ieri – venerdì 17 – ho incontrato qualcuno guardingo rispetto alla cattiva fama della data, che viene considerata infausta, specialmente in Italia, per ragioni che si intrecciano tra superstizioni religiose, storiche e numerologiche.
Proviamo a fare un elenco a giustificazione – si fa per dire – di chi ci crede. Nella tradizione cristiana, il numero 17 è associato a eventi negativi. Ad esempio, si dice che il Diluvio Universale descritto nella Bibbia sia iniziato il 17° giorno del secondo mese. Mentre in numerologia, il 17 è visto come un numero “imperfetto” rispetto al 16 (quadrato perfetto) o al 18 (numero positivo nella cultura ebraica). Aggiungiamo che in numeri romani, 17 si scrive XVII. Anagrammando queste lettere, si ottiene la parola VIXI, che in latino significa “ho vissuto”, implicando la morte…
Passiamo al giorno. Venerdì in realtà dovrebbe essere un giorno gioioso, visto che la parola viene dal latino “Veneris dies”, dedicato alla dea romana dell’amore, della bellezza e della fertilità, ma a dare cupezza al venerdì è che tradizionalmente viene considerato un giorno sfortunato perché, secondo la tradizione cristiana, Gesù fu crocifisso di venerdì. Così capita che su moilti aerei in Italia non ci sia la fila 17 e alcuni edifici evitano di avere un 17° piano!
Superstizione – evoca l’Etimologico – viene dal solito latinosuperstitĭo -ōnis ‘pratica divinatoria; credenza vana; terrore fanatico’, opposta a religĭo -ōnis ‘scrupolo religioso, devozione’.
Lo stesso dizionario si dilunga: “I Romani indicavano con superstitĭo i culti estranei alla propria religione, fondati su pratiche magiche, mistiche e divinatorie, che ripugnavano alla loro mentalità pragmatica e razionale; secondo la spiegazione data da Benveniste, il punto di partenza è superstes ‘testimone’ (⇨SUPERSTITE), da cui superstitĭo ‘dono della presenza’ in quanto capacità di testimoniare cose non viste direttamente grazie alla divinazione, da cui superstitiōsus ‘che ha il dono della presenza’in quanto conosce le cose per divinazione”.
Non sono superstizioso, perché purtroppo eventi nefasti non penso siano legati a chissà quale circostanza, se non il Caso o un meccanismo causa-effetto.
Tuttavia mi è capitato di finire inaspettatamente – per esplicita richiesta di un politico ormai scomparso – di fronte ad un mago dove mi mando davvero a mia insaputa, che con mio divertissement mi spiegò che mi era stata fatta una…fattura. Mi diede a pagamento un scrocchio di santini che buttai. Accompagnai in altro caso un’amica da un prete in Valle d’Aosta che disse la stessa cosa mettendo olio benedetto in una tazza di acqua, parlando di maledizione, con mio altrettanto stupore.
Tuttavia, inutile dire, che certe superstizioni sono ben presenti fra parenti e amici. Abbiamo detto del 17, ma c’è anche il 13, che qualcuno sostiene sia legato al tradimento dell’Ultima Cena.
Sarà capitato a tutti in casa di rompere uno specchio e essere ammoniti della conseguenza: sette anni di sfortuna. Si riteneva che gli specchi riflettessero l’anima, e romperne uno significasse danneggiarla.
Povero il gatto nero che attraversa la strada considerato, perché considerato come presagio di sfortuna. Questa credenza nasce nel Medioevo, quando i gatti neri erano associati alla stregoneria.
C’è chi crede che passare sotto una scala porti sfortuna, forse per via del triangolo formato dalla scala appoggiata, simbolo di perfezione e santità nella religione cristiana.
Nefasto è anche rovesciare il sale, forse perché in passato il sale era prezioso, e sprecarlo era visto come un atto negativo.
Capita anche di dove “Toccare ferro”, “toccare legno” o anche qualcos’altro di non nominabile come gesto comune per scacciare la sfortuna, specie di fronte a quei poverini definiti “menagrami”. Ne ho conosciuti alcuni di cui così si diceva ed è una vita grama. Tranne un autorevole politico che conobbi a Montecitorio e ci giocava con astuzia.
Aggiungo che non bisogna aprire un ombrello in casa, che il canto del gufo della civetta è presagio di morte, ci sono i cornetti (me ho uno sulla scrivania, assieme ad altre cianfrusaglie, comprato a Napoli).
Infine pare che non si debba mettere il cappello sul letto, forse per associazioni con i riti funebri, in cui il cappello del defunto era spesso lasciato vicino al letto. Così parrebbe che non doversi passare il pane di mano in mano, poiché il pane è sacro e simbolo di vita.
Il grande attore e autore Eduardo De Filippo, espressione della cultura partenopea che è ricca di credenze, osservava e vale come chiosa: “Essere superstiziosi è da ignoranti, non esserlo porta male”.