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14 gen 2025

Perché non torni certo passato

di Luciano Caveri

Immagino che chi di dovere stia cercando di capire che cosa si agiti in quella che una volta veniva chiamata la galassia antagonista, quella parte di sinistra estrema che in passato fu terreno di coltura del terrorismo rosso.

Mi vengono in mente gli anni Settanta, quando l’Italia visse il culmine di una stagione di violenza politica senza precedenti, nota come “Anni di Piombo”, caratterizzata non solo dal terrorismo di sinistra di cui dirò per certi rischi che vedo incombenti, ma anche dal terrorismo neofascista, che mirava a destabilizzare il Paese con strategie di tipo eversivo. Il terrorismo di matrice fascista aveva l’obiettivo di creare un clima di paura, caos e repressione, favorendo un ritorno a forme autoritarie di governo.

L’insieme di eventi venne definito “strategia della tensione” e mirava seminare paura e divisioni sociali. Gli attentati colpivano civili innocenti per destabilizzare le istituzioni democratiche. Si è dimostrato nei processi come frange del terrorismo neofascista fossero state protette o infiltrate da settori deviati dei servizi segreti.

Organizzazioni come Ordine Nuovo, Avanguardia Nazionale, I NAR Nuclei Armati Rivoluzionari colpirono senza pietà su diversi scenari.

Fra gli attentati di matrice neofascista negli anni Settanta ricordo. Piazza Fontana (12 dicembre 1969): anche se avvenne alla fine degli anni ‘60, l’attentato è considerato l’inizio della strategia della tensione. Una bomba esplose nella Banca Nazionale dell’Agricoltura di Milano, causando 17 morti e 88 feriti. L’attacco fu inizialmente attribuito agli anarchici, ma successive indagini indicarono la responsabilità di Ordine Nuovo.

Peteano (31 maggio 1972): un’auto imbottita di esplosivo uccise tre carabinieri. L’attentato fu rivendicato da Ordine Nuovo. Successive indagini rivelarono legami con settori deviati dei servizi segreti.

Brescia, Piazza della Loggia (28 maggio 1974): una bomba esplose durante una manifestazione antifascista, causando 8 morti e oltre 100 feriti. Anche in questo caso, emerse il coinvolgimento di Ordine Nuovo.

Italicus Express (4 agosto 1974): un attentato colpì il treno espresso Italicus vicino a San Benedetto Val di Sambro. La bomba causò 12 morti e 48 feriti. L’attacco non fu mai rivendicato, ma è attribuito a organizzazioni neofasciste.

Bologna, stazione centrale (2 agosto 1980). Sebbene oltrepassi il decennio, è uno degli atti più gravi del terrorismo fascista. Una bomba uccise 85 persone e ne ferì oltre 200. L’attentato fu attribuito ai NAR. Elenco questi fatti luttuosi per non dimenticare e per ricordare come la società civile e le istituzioni seppero rispondere e anche oggi bisogna temere certi rigurgiti di neofascismo.

Ero poco più che un ragazzo, quando iniziai a fare il giornalista in erba a Radio Reporter nell’autunno del 1978 e raccontai alcuni momenti luttuosi.

Evidente il mio sgomento nel momento in cui – ero ancora studente – sentivo anche miei amici che si accodavano al refrain delle Brigate Rosse e dei terroristi definiti “compagni che sbagliano”. Teoria che svaporò di fronte a casi di terribile violenza.

Le Brigate Rosse (BR) – lo ricordo a chi ne avesse perso memoria - furono un’organizzazione terroristica italiana attiva negli anni ’70 e ’80, nota per i suoi attentati violenti contro lo Stato e figure simboliche del potere economico, politico e militare. Tra il 1978 e il 1979, le BR furono protagoniste di eventi di grande rilevanza, che segnarono profondamente la storia italiana.

Era il 16 marzo 1978, quando le BR sequestrarono il presidente della Democrazia Cristiana (DC), Aldo Moro, a Roma. Durante l’operazione, nota come strage di via Fani, i terroristi uccisero i cinque uomini della scorta di Moro e il 9 maggio 1978, dopo 55 giorni di prigionia, Aldo Moro venne ucciso dalle BR.

Ricordo le assemblee a scuola e un mio commento, emozionatissimo, ai microfoni di Radio Saint-Vincent sul ritrovamento del corpo dell’esponente democristiano. Il sequestro Moro fu il culmine della strategia brigatista di “attacco al cuore dello Stato” e segnò uno dei momenti più drammatici della storia repubblicana.

Seguirono – li cito ad esempio e la lista potrebbe essere ben più lunga – il 24 gennaio 1979, quando le BR uccisero il sindacalista Guido Rossa, operaio e attivista della CGIL, a Genova. Rossa aveva denunciato un collega che distribuiva materiale propagandistico delle BR in fabbrica. Questo omicidio segnò una frattura tra le BR e i lavoratori, riducendo il consenso sociale di cui l’organizzazione aveva goduto in precedenza da parte di alcuni.

E ancora: 20 marzo 1979, quando le BR assassinarono il giurista Ezio Tarantelli, esperto di economia del lavoro e consulente sindacale, a Roma. Tarantelli era un sostenitore della moderazione salariale e dell’accordo tra sindacati e governo, viste come minacce dalle BR.

Cosa c’entra l’oggi? Guardo con preoccupazione al debordare da parte della sinistra estremista in violenze come avviene con certi cortei pro Palestina, in cui – vero paradosso – si inneggia ad Hamas.

Attacchi nella zona ebraica di Bologna mettono i brividi per l’evidente svolta antisemita - e non è certo la sola - che evoca fantasmi, approfittando delle proteste, sfociate in violenza, per la morte del giovane Ramy Elgami a Milano. Bisogna evitare che tutto ciò si trasformi in un terribile déjà vu: non si scherza con il fuoco.