Comincerei con un pensiero di chi ha saputo fare la Televisione anche se nato con la Radio, Piero Angela, temo inascoltato: “La televisione è uno strumento che arriva alle famiglie e ritengo che ci voglia molta attenzione per evitare che vadano in onda cose che danno fastidio. È importante dire le cose in maniera educata, "in punta di penna", senza inseguire la volgarità, il sensazionalismo e la ricerca assoluta dell'applauso o dell'emozione”.
La Televisione ha occupato una parte importante della mia vita.
Ciò è avvenuto sostanzialmente in due parti, una sotto il profilo lavorativo e l’altra come utente.
Da bambino la TV era davvero il nuovo focolare. Quando sono nato nel 1958 la Televisione in Italia era nata da soli quattro anni e i miei genitori mi raccontavano che, prima di comprare l’apparecchio che ingombrava il soggiorno, andavano a vedere al bar del paese “Lascia o raddoppia”, la trasmissione di Mike Bongiorno che fece impazzire l’Italia ancora in epoca di dopoguerra.
La TV, una volta arrivata in casa, stava spenta fino al tardo pomeriggio per mancanza di trasmissioni e dunque era la Radio la protagonista.
Poi l’accelerazione negli anni con due fenomeni che ho vissuto: l’arrivo del colore e l’esplosione delle televisioni private.
Io ho compartecipato nel mio piccolissimo alla nascita delle radio e delle tv private ed è lì che presi la strada del giornalismo, approdando alla RAI nel 1980.
Da lettore del Telegiornale e reporter in RTA (Radio Tele Aosta) spuntai nel Telegiornale regionale per poi andare in politica.
Ma la TV l’ho sempre seguita e anche fatta con piccole rubriche, quando è stato possibile. Ma è stata l’evoluzione tecnologica a colpirmi, anche quando tornai per un certo periodo a occuparmi della Programmazione televisiva in Valle d’Aosta e il digitale stava irrompendo con tutta la sua forza.
Chi ha visto lo schermo televisivo con apparecchi grandi e grossi e un solo canale non può che essere rimasto stupefatto delle tappe successive.
Ora ho un grande televisore sottilissimo con una connessione in fibra ottica e il numero dei canali appare infinito. Quel che domina, mettendo all’angolo le televisioni generaliste, sono le piattaforme, che sfornano prodotti così numerosi da rendere impossibile qualunque inseguimento.
La numerosità delle offerte è da capogiro e ormai la televisione è solo uno dei supporti con cui vedere dei prodotti video. Pensiamo a YouTube con un’offerta sterminata e plurilingue o a TicToc, che è il luogo compulsivo dei ragazzi con durate rapidissime che portano a una difficoltà di concentrazione su tempi più lunghi.
Personalmente mi destreggio e piano piano mi allontano dalle modalità più tradizionali di fruizione e mi pare ormai qualcosa di ineluttabile questa Televisione e affini senza orari e a domanda senza neppure più avere reali aspetti di territorialità. Si può passare il tempo a lagnarsi, ma sarebbe un esercizio inconcludente. Anzi, penso che sia bene dire che siamo fortunati ad avere così tante fonti da adoperare.
Avendo il solito vantaggio della memoria del passato, che appare ormai come fosse una sorta di Paleolitico.
E non ci si ferma qui. In questi anni mi sono dovuto occupare dell’innovazione digitale e mi sembra ogni tanto di essere come quei cowboy che salgono su di un cavallo arrabbiato, che non vede l’ora di disarcionarlo.
Appena ti abitui a qualche cosa - dal Commodore 64 in poi - a razzo arriva una novità e si rimescolano le carte.
Certo sul futuro aleggia una cupa profezia di Umberto Eco: “I mass media prima ci hanno convinto che l’immaginario fosse reale, e ora ci stanno convincendo che il reale sia immaginario, e tanta più realtà gli schermi televisivi ci mostrano, tanto più cinematografico diventa il mondo di tutti i giorni. Sino a che, come volevano alcuni filosofi, penseremo di essere soli al mondo, e che tutto il resto sia il film che Dio o un genio maligno ci proietta davanti agli occhi”.