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07 gen 2025

L’abisso demografico

di Luciano Caveri

Più volte ho segnalato le culle sempre più vuote in Valle d’Aosta nel solco di una tendenza simile in tutto l’Occidente che è scarsamente consolatoria.

Le già ridotte nascite del recente passato si sono ulteriormente ridotte nel 2024 su questa cifra di 613 bambini, ben 92 in meno rispetto all’anno precedente, a dimezzandosi quasi rispetto al 2014 e non mi infilo su tassi di natalità del passato. Fra i neonati del 2024 ci sono 301 maschi e 312 femmine, con sei parti gemellari.

Sono dati molto preoccupanti, che spingeranno a osservazioni ripetibili del tutto simili: più soldi e più servizi alle famiglie per aiutarli nella scelta di avere dei figli.

Chi mi segue sa che ho non a caso promosso uno studio effettuato dalla Università Cattolica di Milano, che si è proiettato sui decenni a venire con cifre che peggioreranno ancora con una popolazione valdostana sempre più vecchia con ripercussioni varie. Mancheranno professionalità e lavoratori in settori chiave con riflessi su imprese e attività pubbliche, la contrazione dell’economia diminuirà le risorse regionali, avremo anziani da accudire in numero enorme, si crea il rischio di una immigrazione non regolamentata che stravolga la società valdostana in tempi rapidi.

Intendiamoci: non si tratta di una paura verso i cambiamenti, che fanno parte della storia millenaria del territorio valdostano. Ma oggi quanto si prospetta prevede un impoverimento umano e riflessi evidenti anche sull’assetto futuro delle Istituzioni della nostra Autonomia.

Fatemi fare un esempio apparentemente ultroneo. Prendete il quotidiano La Stampa, unico quotidiano con pagine locali e che come tutta la carta stampata si trova di fronte ad una crisi profonda. Ma non è questo il tema: l’edizione del lunedì con un misto di notizie dalle Province piemontesi e in genere un solo articolo dalla Valle d’Aosta è la rappresentazione visiva e di contenuti di un Valle d’Aosta se fosse usualmente affondata e scomparsa nel vicino Piemonte.

In termini più politici guardiamo al triste destino delle vallate alpine in Italia dove non esiste un regime autonomistico. Le decisioni sono prese altrove e non a caso il nostro modello suscita considerazione e pure invidia nei montanari che si trovano con centri decisionali e servizi pubblici spostati altrove.

Non caso - fatemelo scrivere incidentalmente - mi sono sempre occupato non solo dei problemi valdostani nella mia attività politica e ancora oggi nel mio Assessorato esiste la dizione, fra le deleghe, “politica nazionale per la montagna”. Perché oggi, assieme al delicato problema linguistico e identitario per la Valle d’’Aosta bisogna sempre riaffermare la particolarità di un territorio e di una cultura alpini e ogni perdita di capacità di autogoverno sarebbe un pericolo, come dimostra la Storia.

La comunità per avere un futuro deve avere risorse umane e già oggi il numero di giovani valdostani che scelgono legittimamente di vivere altrove nel mondo è un fardello che va aggiunto al crollo demografico.

Al di là delle dispute politiche che si moltiplicheranno con l’avvicinarsi delle elezioni regionali, questo è un tema su cui sarebbe saggio avere una vasta condivisione e impegnarsi, al di là dell’aridità dei dati e della loro drammaticità, in un approfondimento non solo accademico sulle ragioni più profonde che spingono a non avere figli.

Il quadro desolante va combattuto e - lo ripeto - non è con i soli soldi che si combatte la denatalità e, comunque sia, bisogna prendere in mano - nel limite del possibile per una Regione autonoma - una politica migratoria di accoglienza che non sia caotica e priva di regole come sta avvenendo in Italia e in Europa.