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04 gen 2025

Mattarella dixit

di Luciano Caveri

Sono andato a leggermi - non lo avevo visto in diretta perché ero fuori Italia - il discorso di fine anno del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

Devo dire che raramente mi sono perso nella mia vita questi messaggi da quando mi occupo di politica e di Presidenti di persona posso dire di averne conosciuti, oltre all’attuale, altri quattro: Francesco Cossiga, Oscar Luigi Scalfaro, Carlo Azeglio Ciampi e Giorgio Napolitano.

Ognuno di loro una personalità diversa dagli altri.

Ma dicevamo del discorso, confezionato con professionalità e pieno di spunti. La durata di poco più di 17 minuti, con volo introduttivo di un drone sul Quirinale, è sicuramente lungo per la soglia di attenzione media, specie dei più giovani, ma giustificata dalla solennità che avvolge consuetudini come questo messaggio.

Per curiosità ricordo che nella storia della Repubblica Il primo messaggio di fine anno di un Presidente della Repubblica Italiana risale al 31 dicembre 1949 e fu pronunciato da Luigi Einaudi, il secondo Presidente della Repubblica. Tuttavia, il discorso non fu trasmesso in televisione (poiché in Italia le trasmissioni televisive regolari iniziarono solo nel 1954), ma fu diffuso via radio.

Mentre il primo messaggio televisivo di fine anno avvenne il 31 dicembre 1960, con il Presidente Giovanni Gronchi, il terzo Presidente della Repubblica.

Ma torniamo al discorso di Mattarella.

Primo tema la pace, dopo aver ricordato il contesto internazionale e le guerre in corso in Ucraina e in Palestina: “La pace che la nostra Costituzione indica come obiettivo irrinunziabile, che l’Italia ha sempre perseguito, anche con l’importante momento quest’anno della presidenza del G7. La pace di cui l’Unione Europea è storica espressione. La pace che non significa sottomettersi alla prepotenza di chi aggredisce gli altri Paesi con le armi, ma la pace del rispetto dei diritti umani, la pace del diritto di ogni popolo alla libertà e alla dignità. Perché è giusto. E - se questo motivo non fosse ritenuto sufficiente - perché è l’unica garanzia di una vera pace, evitando che vengano aggrediti altri Paesi d’Europa”.

Secondo tema l’informazione, dopo aver citato la prigionia di Cecilia Sala: “Tanti giornalisti rischiano la vita per documentare quel che accade nelle sciagurate guerre ai confini dell’Europa, in Medio Oriente e altrove. Spesso pagano a caro prezzo il servizio che rendono alla comunità”.

Il Presidente ha esaltato: “La scienza, la ricerca, le nuove tecnologie aprono possibilità inimmaginabili fino a poco tempo addietro per la cura di malattie ritenute inguaribili. Nello stesso tempo vi sono lunghe liste d’attesa per esami che, se tempestivi, possono salvare la vita. Numerose persone rinunciano alle cure e alle medicine perché prive dei mezzi necessari”.

Affrontati i temi dell’economia, compresa la precarietà del lavoro e l’attrattivà dell’Italia come meta turistica, si è occupato della fuga dei cervelli verso l’estero e del gap fra Nord e Sud.

Interessante - per chi segue come me il tema - la citazione del ”pericolo dell’abbandono delle aree interne e montane”.

Ampio la spazio dedicato ad un tema: ”Il mutamento del clima incide decisamente anche sugli eventi meteo che subiamo in Italia: ne abbiamo ripetute testimonianze. Le alluvioni non possono più essere considerate fatti straordinari. Sono frequenti e vanno quindi prevenute con lungimiranza, rimuovendo le condizioni che provocano sciagure”.

Sui giovani: “Un’attenzione particolare richiede il fenomeno della violenza. Tocca tutto il mondo ma diviene ancor più allarmante quando coinvolge i nostri ragazzi. Bullismo, risse, uso di armi. Preoccupante diffondersi del consumo di alcool e di droghe, vecchie e nuove, anche tra i giovanissimi. Comportamenti purtroppo alimentati dal web che propone sovente modelli ispirati alla prepotenza, al successo facile, allo sballo. I giovani sono la grande risorsa del nostro Paese. Possiamo contare sul loro entusiasmo, sulla loro forza creativa, sulla generosità che manifestano spesso. Abbiamo il dovere di ascoltare il loro disagio, di dare risposte concrete alle loro esigenze, alle loro aspirazioni. La precarietà e l’incertezza che avvertono le giovani generazioni vanno affrontate con grande impegno anche perché vi risiede una causa rilevante della crisi delle nascite che stiamo vivendo”.

Ricordato come la parole scelta della Treccani per questo anno sia “rispetto”, il Presidente Mattarella ne ha declinato variamente le ragioni, citando casi concreti come gli incidenti sul lavoro, l’incidenza dei suicidi, le condizioni delle carceri, la tragedia dei femminicidi. Il Capo dello Stato ha successivamente evocato in vario modo il patriottismo di chi si impegna nella società italiana e ribadito come la sicurezza dei cittadini sia un tema essenziale. Aggiungo un altro passaggio in cui credo molto: “Nel 2025 celebreremo gli ottanta anni dalla Liberazione. È fondamento della Repubblica e presupposto della Costituzione, che hanno consentito all’Italia di riallacciare i fili della sua storia e della sua unità. Una ricorrenza importante. Reca con sé il richiamo alla liberazione da tutto ciò che ostacola libertà, democrazia, dedizione all’Italia, dignità di ciascuno, lavoro, giustizia. Sono valori che animano la vita del nostro Paese, le attese delle persone, le nostre comunità. Si esprimono e si ricompongono attraverso l’ampia partecipazione dei cittadini al voto, che rafforza la democrazia; attraverso la positiva mediazione delle istituzioni verso il bene comune, il bene della Repubblica: è questo il compito alto che compete alla politica”.

Infine, come non concordare: “Siamo chiamati a consolidare e sviluppare le ragioni poste dalla Costituzione alla base della comunità nazionale. È un’impresa che si trasmette da una generazione all’altra. Perché la speranza non può tradursi soltanto in attesa inoperosa. La speranza siamo noi. Il nostro impegno. La nostra libertà. Le nostre scelte”.