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18 apr 2025

Il giornalismo e l’IA

di Luciano Caveri

Leggevo l’altro giorno quest’Ansa: “L'intelligenza artificiale è un'invenzione fondamentale paragonabile alla stampante e all'elettricità". Lo ha affermato Brad Smith, presidente di Microsoft, nel suo intervento all'Università Luiss sul tema sottolineando che sta trasformando la società e creando una nuova economia, come già avvenuto con l'elettricità".

 "L'elettricità ha portato un'enorme innovazione, riguardante la maggior parte delle cose che diamo per scontate - ha proseguito - Il nostro obiettivo è usare la tecnologia per migliorare la vita delle persone. Le nostre parole chiave sono accessibilità, responsabilità e correttezza. Fondamentale sarà garantire un accesso e un utilizzo dell'intelligenza artificiale ampi e inclusivi". “.

Prendiamo per buona la mozione degli affetti, ma la storia dell’elettricità è di certo suggestiva.

Su Professione Reporter trovo un articolo interessante, siglato S.A., su di un’esperienza che ho seguito, leggendo Il Foglio, che è un quotidiano fatto più di commenti che di notizie. Visto che le notizie ormai affluiscono in un flusso continuo sul Web e dunque i quotidiani devono ingegnarsi.

Così è avvenuto: “ Il Foglio, giornale meno apparentemente “moderno” del mondo, con quelle colonne piene soltanto di testo, tutte analisi e commenti e prese di posizione, dedicò subito attenzione alla AI. Un anno fa chiese ai lettori di individuare per una settimana degli articoli scritti con intelligenza artificiale all’interno del Foglio. I vincitori hanno ricevuto un abbonamento al Foglio e una bottiglia di champagne. Un anno dopo, l’idea di fare il primo giornale al mondo realizzato interamente con intelligenza artificiale, nata “durante un formidabile e geniale e creativo pranzo con Giuliano Ferrara -racconta Cerasa- La questione era evidente. Nel mondo dei mestieri che maneggiano la creatività, oltre che le notizie, l’intelligenza artificiale si presentava come un grande elefante nella stanza. Un elefante enorme, che nessuno voleva vedere, e che anzi qualcuno vuole provare a infilare sotto un tappeto. L’intelligenza artificiale non la si può combattere, non la si può nascondere, e per questo abbiamo deciso di farla passare dallo stato gassoso, dallo stato della teoria, allo stato solido, a quello della pratica” “.

L’esperienza dell’appena citata Direttore Claudio Cerasa è finita con una provocazione e cioè farsi intervistare dall’IA. Ecco cosa racconta S.A.: “Ma siccome, ancora non si sa per quanto, l’uomo è più smaliziato della macchina, Cerasa, l’intervistato, ha fatto parlare l’intervistatrice. Per esempio, ha chiesto ad AI: cosa non sai fare? E quella: “Non so litigare al telefono, non so intuire un sottinteso detto in corridoio, non so cambiare idea in base al tono della voce di un ministro. Non so annusare l’aria. Ma sto imparando a guardare come la respirate voi, quell’aria”.”.

Altra sottolineatura utile tratta dal medesimo articolo: “Dice Cerasa che ha imparato a capire che “AI non potrà mai portare una notizia, ideare un’esclusiva, costruire le premesse per una intervista, trovare delle fonti dirette, osservare il mondo con uno sguardo non replicabile, fare un reportage, avere delle idee originali. E poi, in un mondo dove un giorno tutti potranno usare gli strumenti dell’intelligenza artificiale, ciò che farà la differenza saranno le idee, le proprie chiavi di lettura, la propria visione del mondo, la propria linea editoriale, la capacità di saper miscelare anche ciò che non appare miscelabile e di creare quella magia che si chiama giornale. Sbaglio?”.

E si chiede poi lo stesso che cosa renda unico un giornalista: “Cerasa: “Semplice: l’idea. L’ossessione. Il gusto della deviazione. La voglia di capire dove gli altri stanno solo riassumendo. L’incapacità patologica di accontentarsi. Il fastidio per la banalità. L’entusiasmo per il dettaglio. Il fiuto per le frasi che sembrano neutre ma che vogliono dire tutto. Quello che un giornalista ha e che AI non potrà mai avere è la tensione personale verso un’interpretazione del mondo. L’idea che non esiste ‘il fatto’, ma solo il modo in cui lo racconti. Che un’inchiesta nasce da un tarlo, da una passeggiata sbagliata, da una fonte che ti risponde ‘non posso parlare’, e tu già pensi: ottimo, cominciamo da qui” E annuncia un laboratorio per giovani giornalisti, “che serva non a insegnare a usare l’intelligenza artificiale, ma a capire quando è il caso di spegnerla e andare a fare una telefonata”. “

Bel suggerimento per evitare la tentazione di appaltare questo, come troppo altro, alla comoda e solo apparentemente docile Intelligenza Artificiale.