Capita di dover ricostruire il passato a beneficio del presente. Oggi e domani ci sarà un incontro (convegno è un termine intriso di possibile noia) a Gressoney-Saint-Jean su di una legge che compie 25 anni proprio in questi giorni.
Si intitola ”Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche” e la seguii passo a passo nel suo iter parlamentare, quando ero deputato e anche successivamente nella sua applicazione. Compreso il periodo in cui ebbi, fra le altre, la delega sulla materia nella breve esperienza di Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio.
L’occasione varrà per fare il punto sulla legge e la sua applicazione ed anche nel secondo giorno per ricordare l’importanza delle minoranze linguistiche lungo le Alpi, sfruttando l’opportunità - spostata di pochi giorni - della Giornata internazionale dedicata alla Montagna. Ciò avviene con il patrocinio del Ministero per gli Affari regionali e le Autonomie, che si occupa sia dei problemi della montagna che dell’applicazione della legge su cui discuteremo.
La scelta di trovarsi nel cuore della comunità walser è niente affatto casuale. La necessità di tutela giuridica di questo particolarismo nella valle del Lys è sempre stata nei miei pensieri sin dall’inizio della mia avventura alla Camera dei deputati nel 1987 e riuscii nel 1993 a inserire nello Statuto valdostano una norma per il riconoscimento dei walser valdostani.
Negli stessi anni partecipai - sentendoli sempre come un dovere per un parlamentare valdostano - sia alla approvazione della 482 con lunghe discussioni in Commissione per affinarne il testo. Poi lavorai, nello stesso solco, per una normativa a vantaggio degli Sloveni in Italia (che mi valse la commenda dalla Repubblica Slovena!).
La 482, di cui racconterò la storia con ospiti di diverse minoranze in essa citate (sono 12 in totale), evoca anche la situazione valdostana con la presenza nel testo del francese e delle parlate germanofone già oggetto di tutela rafforzata nel nostro Statuto Speciale, ma cita anche - e per la prima volta in una normativa nazionale - il francoprovenzale parlato in Valle d’Aosta e in alcune vallate del Piemonte. Considero anche questa una vittoria significativa forse non abbastanza conosciuta, se non fra gli addetti ai lavori.
Sarà interessante evocare come la concretizzazione complicata di questa legge sia ben legata a vicende svoltesi alla Costituente e che sortirono l’articolo 6, che recita: “La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche”. Per dare concretezza in legge a questa disposizione di una semplicità tacitiana ci sono voluti più di 50 anni e non caso su argomenti come questi, rimasti troppi tempi nel cassetto, si parla di “Costituzione di carta” per quelle parti della Legge fondamentale rimaste per troppo tempo senza reale applicazione.
Tutto ciò consente di occuparsi della legge e della necessità ormai evidente di rimetterci mano e di capirne limiti e nuovi orizzonti. Questioni complesse che devono essere rese semplici quando se ne discute alla ricerca delle soluzioni necessarie. Nel caso in esame - solo per fare un esempio della complessità - ci sono state sentenze contraddittorie della Corte Costituzionale e anche la manifestazione di interesse di tutela di dialetti regionali e di lingue di comunità di immigrati che vorrebbero aver maggior tutela. Di conseguenza è necessario regolare bene la materia per non fare dei pasticci.
Aggiungo come la questione delle minoranze linguistiche non sia chiusa nei confini italiani, perché ci sono istituzioni come il Consiglio d’Europa e l’Unione europea, e persino le Nazioni Unite, che hanno varato documenti che si occupano dei diritti delle minoranze linguistiche e nazionali e questo aggiunge interesse e complessità.
Sembrano argomenti astratti o solo specialistici, quando invece l’aspetto giuridico è necessario per calarsi nella realtà quotidiana e nelle prospettive future di comunità piccole e grandi, che rappresentano in maniera viva la ricchezza insita nelle diversità della cultura umana.